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Seminario di studio interdisciplinaretorna su

Il Seminario di studio interdisciplinare «Io credo. Noi crediamo. Il dinamismo dell’atto di fede», promosso dall’Istituto di Metodologia catechetica della Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione «Auxilium» si è svolto sabato 22 dicembre 2012.

La giornata di approfondimento si è collocata nel contesto dell’anno della fede, celebrativa del 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II che costituisce tuttora la bussola della Chiesa del terzo millennio. Con la scelta del tema, si è pure sottolineato il 20° anniversario di pubblicazione delCatechismo della Chiesa Cattolicache non solo nella Prima Sezione, ma in tutto il suo svolgimento ha come prospettiva “Io credo. Noi crediamo”. Inoltre, il Seminario ha inteso valorizzare le istanze emergenti dalla XIII Assemblea generale ordinariadei vescovi La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana.

È stato un incontro di studio fecondo per la presenza di persone autorevoli nel campo della ricerca scientifica, della progettazione pastorale e catechetica a livello nazionale, regionale e diocesano, della comunicazione della proposta cristiana, in particolare docenti di religione nelle scuole secondarie di secondo grado. Tra i presenti, don Guido Benzi, Direttore dell’Ufficio Catechistico Nazionale della CEI, ha portato i saluti del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Card. Angelo Bagnasco, e del Presidente della Commissione Episcopale per la Dottrina della Fede, l'annuncio e la catechesi, il Vescovo di Albano Mons. Marcello Semeraro. Anche il Vescovo della diocesi di Porto e Santa Rufina, Mons. Gino Reali, ha voluto farsi presente con un saluto di apprezzamento e incoraggiamento per l’iniziativa.

Il seminario si è svolto secondo l’articolazione del programma con relazioni di singolare pregio scientifico proposte da studiosi che hanno intessuto un propositivo dialogo, favorendo l’individuazione di istanze, snodi problematici, criteri, risorse, prospettive del credere oggi, nella sua struttura teoantropologica, come pure nella sua complessità, contestualità, dinamicità.

 

Mondo giovanile e nuove forme del credere

Il Prof. Alessandro Castegnaro ha svolto la relazione Mondo giovanile e nuove forme del credere. Partendo da ricerche puntuali sul mondo giovanile - contestualizzato dentro le odierne dinamiche complesse socio-culturali, socio-religiose, familiari e istituzionali -, opta per una lettura ottimistica di esso, segnalandone alcune coordinate fondamentali, istanze, domande e aspirazioni che portano a riconoscere che tale “mondo” coltiva, a suo modo, sentimenti e desideri di spiritualità che non necessariamente cercano una risposta nella Chiesa. Servono nuovi occhiali per “vedere”: guardare il mondo giovanile come campi di forze in tensione lungo le due dimensioni dell’ “attraversare e dimorare” del “trovare e ricercare”; considerare le persone come pellegrine più che convertite: «Le persone non sono uno stato, una definizione compiuta, ma percorsi, itinerari, traiettorie che seguono direzioni diverse. La ricerca di Dio è più un punto di arrivo che un punto di partenza. I giovani sono impegnati innanzitutto nella ricerca-definizione di sé». Le due ricerche non sono alternative, ma rischiano di diventarlo per carenza di proposte spiritualmente e umanamente significative. Allora il problema principale non è chiedersi dove le nuove sensibilità stiano andando, ma cosa fanno le nostre Chiese per rispondere alla domanda spirituale che proviene dalle nuove sensibilità.

È una domanda che interpella il mondo adulto, specie genitori ed educatori a vari livelli. Interpella soprattutto la Facoltà di Scienze dell’Educazione a intercettare le aspirazioni del mondo giovanile e ricercare con loro vie per una identità religiosa cristiana autentica, favorendo il processo di personalizzazione.

 

Dalla relazione di riconoscimento alla relazione della fede

In questo orizzonte si colloca la seconda relazione, Desiderio e compito, lotta e dono. Dalla relazione di riconoscimento alla relazione della fede, del prof. Ferruccio Ceragioli che ha articolato la sua proposta in tre nuclei. Il primo è introduttorio e segnala il passaggio dalla concezione di fede del Vaticano I al Vaticano II e al post-concilio: dall’assenso intellettuale all’adesione personale. Il compito affidato alla teologia è tematizzare un’antropologia della libertà capace di ancorare alla concreta effettività e affettività dei legami umani il pensiero della trascendenza, articolando il piano orizzontale della relazione intersoggettiva con il piano verticale della relazione Dio-uomo. Al riguardo Ceragioli valorizza la svolta relazionale in filosofia, teologia e psicoanalisi, specie le intuizioni di von Balthasar e le ricerche dell’Infant Research contemporanea. Sottolinea che al cuore della relazione c’è il riconoscimento e ne individua gli esordi nella relazione madre-bambino che, per essere genuino, porta Oltre, nella terzietà quale origine, garanzia e meta. Il riconoscimento risulta, così, luogo di accesso alla trascendenza del terzo che nell’evento Gesù Cristo ha una peculiare concretizzazione. “Le relazioni di riconoscimento di Gesù di Nazareth sono luogo della rivelazione e della fede... In Lui la trascendenza della terzietà prende nome e volto: il Padre di Gesù che nella sua volontà di vita per l’uomo desidera da lui essere liberamente scelto e riconosciuto. Riconoscendo colui che ci riconosce, riconosciamo il Padre e riconosciamo noi stessi per quel che siamo destinati a essere: figli nel Figlio, immagini dell’Immagine”. I processi esistenziali vanno dal riconoscimento di Dio al riconoscimento in Dio, alla testimonianza, alla riconoscenza.

 

Processi psicologici della fede religiosa

La prof. Milena Stevani ha individuato le condizioni psico-dinamiche del credere, Processi psicologici della fede religiosa. Si è introdotta segnalando i limiti e il metodo della ricerca psicologica e le sue possibilità: studia il vissuto religioso senza emettere giudizi sui contenuti e simboli religiosi. Ha rilevato come la dimensione religiosa è una componente specifica della persona che non si può ignorare. Infatti l’atto di fede religiosa è espressione di uno specifico vissuto relazionale il quale coinvolge processi cognitivi e affettivi che sono alla base del senso di sé come dell’atto di fede. La rappresentazione di sé e dell’Altro costituisce la mappa che orienta nella relazione. La relatrice pone in guardia da concezioni ingenue di esperienza di fede intesa come pura fede, sottolineando che l’esperienza del credere include come elementi costitutivi il conflitto e il dubbio. Di qui alcune considerazioni conclusive circa il discernimento e l’accompagnamento nei processi maturativi del credere che dura tutta la vita.

 

Le (in)condizioni umane del credere

La riflessione del prof. Salvatore Currò, Le (in)condizioni umane del credere,nel contesto seminariale, cerca di rivisitare i fondamenti dell’educazione alla fede valorizzando la fenomenologia. La sua ipotesi è che, in «rapporto al credere, più che delle condizioni vanno cercate delle in-condizioni. L'approccio alla tradizione, al messaggio cristiano, all'intera proposta, è selettivo, parziale, filtrato da proprie vedute e da propri bisogni; l'appartenenza ecclesiale è saltuaria e a partire dalle sensibilità e dagli interessi personali». Supposto che il credere abbia un senso umano, è forse ipotizzabile che di fronte alle difficoltà attuali a credere e a proporre la fede (carenze di in-condizionalità), la condizione favorevole dovrebbe essere una sorta di in-condizione. Con questa categoria il relatore intende sottolineare la trascendenza della Rivelazione rispetto alle attese e aspirazioni umane, ossia la non deducibilità dell’evento Gesù Cristo rispetto al desiderio umano. Di qui l’indicazione «delle vie per favorire il transito verso l'incondizionato, ossia verso il terreno in cui l'umano manifesta impronte del divino e tracce di Rivelazione, ed è in grado di accogliere e di lasciar risuonare in verità il vangelo di Cristo».

La persona è l’unico luogo del possibile incontro (Dio-uomo) che implica una sorta di resa, senzacondizioni: «una sfida a passare dalla logica utilitaristica alla logica (o illogica) della gratuità, o dell'amore o del dono di sé» e, ribadisce Currò, «attraversa costantemente i cammini di fede, e probabilmente il senso stesso dell'umano». Il passaggio dalla logica utilitaristica alla logica della gratuità avviene nella condizione di ciascuno e anche senza condizioni, nell'in-condizionato. Ma “come educare” «il passaggio dalla condizione (dal mettere le condizioni), all’incondizionato? Come far risuonare il Vangelo? Come provocare la rottura, il salto, il capovolgimento? È possibile provocarli? Quali vie percorrere per ridare novità, fondamento, terreno all’educazione alla fede? Per il relatore, la via maestra è quella della sincerità.

 

La mediazione catechetica in rapporto alla complessità dell'atto di fede

La Prof. Rosangela Siboldi interviene su La mediazione catechetica in rapporto alla complessità dell’atto di fede. Nel quadro della “svolta relazionale” e della riflessione sulla “relazione di riconoscimento”, l’apporto prende in considerazione il processo dell’atto di fede alla luce del paradigma della complessità, considerando che la fede ha una dimensione dialogica, è un processo esperienziale che coinvolge l’intera persona ed è un processo di libertà. In seguito, osserva che il paradigma della complessità rilancia l’esigenza ermeneutica al servizio dell’atto di fede e implica criteri capaci di orientare una prassi rispettosa di tutti i dinamismi impliciti all’atto di fede, in particolare: l’evento dell’Incarnazione come principio ispiratore, la qualità storica della Rivelazione e la scelta antropologico-educativa.

Quindi, il processo dell’atto di fede ha un principio dinamico e reale: è atto originariamente relazionale/ecclesiale. Rimanda alla prassi ecclesiale, sfidata a non rimanere prigioniera del primato della comprensione e ad “abitare” la pluralità di linguaggi che concorrono a generare la fede e sono tendenzialmente nell’ottica di una comunicazione dialogica, che “inscrive” la fede nel corpo; rinvia alle mediazioni fondamentali che permettono alla fede di riconoscere la Voce, di celebrare nella comunità, di testimoniare la comunione e la carità.

Infine, interpella la pastorale catechistica a orientarsi verso un paradigma olistico da ritenere forse più rispettoso delle condizioni di possibilità che favoriscono il concorso (cooperazione) di quei “riconoscimenti” che sono relazioni costitutive - nel loro insieme - dell’atto di fede e che implicano il soggetto come “corporeità”. Ne consegue l’interdisciplinarità come esigenza irrinunciabile per una riflessione scientifica sulla catechesi e una formazione ecclesiale permanente sistematica organica per i catechisti.

 

C'è campo!

Il dibattito e il confronto interdisciplinare, che hanno fatto da cornice agli interventi, hanno aperto sentieri nuovi di ricerca nel raccordo tra ricerca e prospettive operative.

Il lavoro di questa giornata, potrà ora essere valorizzato da un pubblico più vasto con la stampa degli Atti. Il seminario non ha concluso il suo studio, anzi ha suscitato nei partecipanti il desiderio di proseguire, tematizzando altre coordinate del credere nella sua complessità e struttura teoantropologica.

“C’è campo”, dunque e “i giochi sono aperti”: ciascuno secondo competenze, nell’orizzonte di un servizio rinnovato alle nuove generazioni.

 

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