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La vita dei giovani: ascoltare e discerneretorna su

La vita dei giovani: modelli, stili, valori e scelte, è stata al centro dei lavori seconda giornata del Congresso internazionale “Giovani e scelte di vita. Prospettive educative” in corso a Roma, all’Università Pontificia Salesiana.

 

Dopo il saluto di madre Yvonne Reungoat, Superiora Generale dell’Istituto delle FMA e Vice Gran Cancelliere della Facoltà, che rileva l’importanza della vocazione e dell’accompagnamento dei giovani, la parola è passata ai Proff. Giuliano Vettorato e Maria Teresa Spiga, docenti di Sociologia rispettivamente all’Università Pontificia Salesiana e alla Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilium, che hanno introdotto i lavori. In particolare, si sono soffermati a presentare il Survey mondiale, che ha coinvolto Salesiani di Don Bosco e Figlie di Maria Ausiliatrice che lavorano tra i giovani in tutto il mondo.

In seguito, quattro sociologi provenienti da Africa, Asia, Europa e America ne hanno commentato i risultati, offrendo un particolare spaccato della condizione giovanile dei loro contesti.

Africa: una gioventù in moto perpetuo

 

Il prof. Vivien Meli Meli, Université de Dschang (Camerun), offre un approccio alla gioventù africana, un orizzonte complesso per modelli, storia, culture e tradizioni. Le statistiche riportate ne confermano la varietà e le criticità, soprattutto riguardo all’istruzione scolastica e alla formazione giovanile nel continente.

Più precisamente, il prof. Meli Meli si sofferma su alcune obsolete, ma persistenti rappresentazioni sociali della gioventù africana: «I giovani sono soggetti a pregiudizi retrogradi e a stigmatizzazioni, sono maldestramente e ingiustamente catturati nella passività e nella riproduzione di ruoli e forze sociali prestabilite. Vivono in un contesto di dipendenza, di controllo domestico e sociale». Ulteriori sottolineature fanno riferimento a sistemi educativi che sono gli stessi creati durante il periodo coloniale, a forze dominanti oligarchiche, che appaiono come espressione di un progetto e di un desiderio di sottomettere e mantenere la relazione verticale, infantilizzazione, sottomissione, assistenza permanente. A fronte di tutto questo, per il Prof. Meli, si può avanzare una nuova epistemologia della gioventù africana: «I giovani - precisa - vivono in modi diversi e esprimono dinamismi che possono essere compresi solo da una prospettiva costruttiva e complessa». Per il sociologo, «molto più che in altre realtà, la gioventù africana è fondamentalmente in moto perpetuo, legata a una mescolanza e ibridazione dal punto di vista morfologico ed essenzialista». Cosa ci può aspettare nel futuro? Il docente individua tre linee di intervento, che si rifanno al paradigma della complessità: il modellamento come punto di vista sulla realtà, il riconoscimento della grandezza dell’imprevedibilità e, infine, la conoscenza inclusiva, cioè la transdisciplinarità.

 

Asia: una gioventù tra disperazione e speranza

 

Il prof. Johnson Parackal, del Don Bosco Institute Joypur di Guwahati (Assam, India), afferma che l’Asia meridionale «è una regione di speranza e di disperazione». Attorno a questi due poli, struttura il suo intervento evidenziando come tale regione è una delle più povere per l’Indice dello Sviluppo umano. Qui si concentra il 40% dei poveri del mondo, però il 6% è la media costante della crescita economica degli ultimi 20 anni; fino al 2040 ci saranno più persone in età lavorativa, infatti un quinto della popolazione infatti ha un’età compresa tra i 15 e i 24 anni. Sottolinea alcuni fattori che definiscono i giovani in relazione alla preparazione lavorativa, in particolare l’istruzione con l’aumento della consapevolezza, la riduzione della differenza di istruzione tra generi, la lenta crescita dell’alfabetizzazione giovanile; l’acquisizione delle competenze con l’obiettivo di rendere l’India la capitale delle competenze mondiale, per superare povertà, abbandono della scuola, emigrazione, secondo il sociologo tre fattori che condizionano la preparazione lavorativa dei giovani. Ancora, vengono evidenziati fattori legati a ideologia, la crescita del fondamentalismo e della radicalizzazione, lo squilibrio di genere tra uomini e donne, la dipendenza da gadget e tecnologia.

Per guardare al futuro, secondo Parackal, è «necessario trasformare la disperazione in speranza, sfruttando il vantaggio demografico, puntando a nuove opportunità per i giovani, all’avanzamento tecnologico in ogni sfera della vita, che ha aumentato le opportunità dei giovani riguardo alla salute, l’istruzione, la formazione, i posti di lavoro, la comunicazione, i media, la liberà di espressione, il diritto a scelte informate, i nuovi orizzonti per affrontare la vita pubblica».

Un ultima battuta, viene rivolta alla Chiesa, invitata a ascoltare e comprendere la situazione giovanile: «I giovani non sono solo il futuro, sono anche il presente: concentrarsi sui giovani è un obbligo non solo per l’Asia, ma per ogni paese».

 

Europa: gioventù a casa nella Rete

 

I tratti della condizione giovanile europea sono stati affidati all’intervento del prof. Krzysztof Pawlina della Pontificia Facoltà Teologica - Collegium Joanneum di Varsavia (Polonia).

«Una generazione quella polacca - esordisce - che sta cambiando. I giovani del “dopo comunismo” sono sicuri di sé, la rete è la loro casa, dimostrano apertura e creatività, curiosità, voglia di cercare e conoscere la novità, sono costantemente sintonizzati su collaborazione e partecipazione».

Il suo intervento è un’attenta lettura dei “millennials” che evidenzia come una falsa non-conflittualità, una religiosità “home made”, una riluttanza ad accettare i principi proclamati dalla chiesa e le conseguenti pratiche religiose, una particolare considerazioni di ambienti e spazi come la famiglia, l’intendere il vangelo siano le coordinate per chiedersi come educatori «Dove sta la chiave del cuore di questi giovani? Che cosa si può fare?». La risposta, secondo il docente, si trova solo nel diventare autorevoli agli occhi dei giovani, nell’umiltà di farci insegnare da loro, nel sedersi accanto, perché entrare nel loro mondo significa poterli aiutare, correggere. «L’amore - conclude - viene offerto, non preteso».

 

America Latina: una gioventù tra cambiamento e sviluppo permanente

 

La contestualizzazione della condizione giovanile nel continente sudamericano è stata affidata al prof. Mario W. Sandoval Manríquez, dell’Universidad Católica Cardenal Raúl Silva Henriquez di Santiago del Chile.

È uno sguardo panoramico sull’America Latina, sui giovani e sulle loro condizioni di vita, sul vissuto religioso. 139.735.484 sono i giovani latinoamericani tra i 15 e i 29 anni, al centro di un processo di cambiamento e di sviluppo permanente.

I paesi dell’America Latina si pongono agli estremi delle statistiche mondiali tra ricchi e poveri, tra tassi di sviluppo e di crescita economica, di omicidio infantile, di ideologie politiche altalenanti tra socialismo e economie liberali. Tratti caratteristici sono l’eterogenità e l’abbandono giovanile riguardo l’educazione, il lavoro, la salute, i provvedimenti sociali, la cultura.

Anche qui, la gioventù è “online”, ma la maggioranza non raggiunge un livello di istruzione medio o superiore; si contano 21,8 milioni di Neet, di cui il 70% sono ragazze; 108 milioni di giovani tra i 15 i e 29 anni lavorano in maniera diseguale, violati nei diritti, senza assicurazione e il sistema pensionistico è un miraggio per pochi.

In un continente dove si contano 425 milioni di cattolici, il cattolicesimo è in regresso (secondo il Pew Research Center in pochi anni si è passati dal 92 al 69%, ma però nello stesso periodo i protestanti sono saliti dal 4 al 19%). I motivi dell’abbandono si ritrovano nella ricerca di un rapporto più personale con Dio, in uno stile di culto differente.

Commentando i dati del Survey Mondiale, il sociologo li confronta con i dati di ricerche realizzate a livello locale ed evidenzia aspetti comuni e differenze, che indicano come l’universo religioso dei giovani latinoamericani si sta ricostruendo con differenti elementi provenienti dalle proprie emozioni, sentimenti, dai bisogni primari, come pure dall’impatto della pubblicità e delle nuove tecnologie.

«Sono cattolico a modo mio» - conclude il prof. Sandoval Manríquez - una religiosità dunque ubicata nel personale, nel privato e nel sensibile, nel soggettivo, le cui modalità di esprimersi si costruiscono e ricostruiscono lontane dalla Chiesa istituzionale, soprattutto dalle gerarchie ecclesiastiche».

 

A conclusione della mattinata, il prof. Franco Garelli, sociologo dell’Università di Torino, ha commentato i dati  commentando i dati del Survey Mondiale presentato ieri durante il Congresso, ha sottolineato l’importanza dell’educazione salesiana in un mondo complesso, plurale, in cui coesistono tante verità” che li disorienta nelle scelte. «I giovani hanno bisogno di un Sinodo, che li renda protagonisti e che non si sostituisca a loro, in cui siano meno destinatari, meno utenti». Quella di oggi è una generazione che esce da contesti o troppo protetti o troppo uniformati e quindi la Chiesa deve avere il coraggio e l’intelligenza di non avere un’attenzione generica, ma deve affrontare temi come la bioetica, la sessualità; oggi il giovane vive dentro di sé una serie di tensioni, tra fede e ragione, tra religione e scienza, tra benessere personale e trascendenza. A conclusione del suo intervento il prof. Garelli ha richiamato «a essere presenti nella sfera pubblica, nelle proposte educative e più propositivi su temi decisivi dell’esistenza».

 

Intervista alla prof.ssa Maria Teresa Spiga
Intervista al prof. Vivien Meli Meli
Intervista al prof. Franco Garelli
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