Scegli la tua lingua
Home > Archivio Notizie > “Educare”: l’eredità di Don Bosco

“Educare”: l’eredità di Don Boscotorna su

convegno

Il 5 marzo, nell’Aula Magna «Giovanni Paolo II» si è svolta la tavola rotonda «Don Bosco “inedito”» per la presentazione del volume «Una vita che irradia luce. Edizione anastatica di “Don Bosco e la Pia Società Salesiana” di Albert Du Boys», curato dalla Prof. Piera Ruffinatto.

L’evento, organizzato dalla Facoltà «Auxilium» e dall’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, è stato moderato dalla Prof. Elisabetta Straffi, Docente di Tecniche Psicodiagnostiche strutturate.

Tutti i relatori, la Prof. Piera Ruffinatto, la Prof. Piera Cavaglià e il Prof. Michal Vojtas, hanno sottolineato l’originalità dell’opera attorno a cui si stava riflettendo, davvero unica nel suo genere. Scritta nel 1884, dal magistrato francese Albert Du Boys fu tradotta in italiano lo stesso anno, con il consenso di don Bosco stesso che, in precedenza, ne aveva corretto personalmente il testo.

Il libro è un’edizione interfogliata suddivisa in tre parti e in tre appendici. Il suo ritrovamento nella Biblioteca della Facoltà «Auxilium», ha sottolineato la Preside, Prof. Pina Del Core, è stato «provvidenziale per una Facoltà di scienze dell’educazione. Il Du Boys conosceva personalmente e aveva visto all’opera Don Bosco a Valdocco e ha potuto così dare conto della qualità e intensità della sua passione educativa. Sono proprio le correzioni che Don Bosco apporta al testo che rendono i suoi tratti caratteristici: un grande amore per Dio e una ardente passione per la salvezza dei giovani».

Passione per Dio e passione per i giovani che, a detta della Prof. Piera Ruffinatto, Docente di Metodologia dell’educazione e di Pedagogia Speciale, vengono colti e mediati dall’approccio storico dell’Autore, che attinge alle fonti del tempo e attraverso una ricerca seria e documentata anche con testimonianze orali di coloro che vissero a fianco del santo educatore di Valdocco redige una biografia che don Bosco stesso consiglia di diffondere, vendere e regalare perché, afferma, «il Du Boys fa conoscere il nostro sistema e ha indovinato lo spirito della nostra società».

Questa è secondo la relatrice, l’eredità da raccogliere e conservare: un sistema educativo, capolavoro di Don Bosco che ha saputo trasformare giovani poveri e abbandonati, “materiale senza valore”, in “pietre preziose”: «L’educatore vero - ha concluso citando una frase di Gino Corallo - di cui Don Bosco è splendido esempio, è quel cristiano che ha posto come fine della sua vita il bene di un’altra persona. Detto con le parole di Gesù “è quello che ha dato la vita per l’amico”».

Dalla presentazione dell’Autore e della sua biografia, si è passati a vedere come Don Bosco ha letto e corretto la sua biografia. L’intervento della Prof. Piera Cavaglià, attualmente Segretaria generale dell’Istituto delle FMA, ha ripercorso alcune delle 89 correzioni autografe (più 42 correzioni della punteggiatura) che don Bosco ha apportato alle prime due parti del testo. Correzioni che possono essere ricondotte a una triplice tipologia: aggiunta di nomi di persone, luoghi, circostanze storiche; integrazioni di frasi, ed è proprio grazie a queste che si può conoscere gli aspetti della personalità di don Bosco e le caratteristiche dell’Oratorio; correzione di numeri, che Don Bosco sempre utilizza con molta “libertà” ai fini della diffusione della sua opera.
La Prof. Cavaglià ha concluso accennando al rapporto epistolare che è intercorso prima della stesura della biografia e dopo, tra don Bosco e il Du Boys. «È interessante - ha sottolineato - cogliere come attraverso le tre lettere manoscritte e autografe Don Bosco risalti uomo di Dio che irradia la sua luce. Egli infatti raccomanda di “non parlare troppo di questo povero Don Bosco e di non dare a lui la gloria che deve essere data solo a Dio” ma, allo stesso tempo, rende grazie e si compiace della redazione del testo, annoverando il Du Boys tra i benefattori dell’opera salesiana, che saranno sempre ricordati».

Questi tratti tipici dell’educatore che emerge dalla biografia del Du Boys, sono stati particolarmente evidenziati dal Prof. Michal Vojtas, Docente di Metodologia dell’Educazione e Sistema Preventivo all’Università Pontificia Salesiana.
Il relatore ha riletto l’opera del Du Boys cogliendone gli elementi di originalità soprattutto per quanto riguarda la comprensione del metodo preventivo del santo educatore piemontese. Tale sistema, viene presentato soprattutto come opera di educazione dei figli del popolo. «Un’opera che - ha affermato citando direttamente il Du Boys - è stata composta non solo da don Bosco, il poeta, ma anche dagli uomini e dai ragazzi di 150 case, sparse nel mondo allora conosciuto».
Ripercorrendo il testo, ha poi messo in evidenza il contesto che fa da sfondo allo scritto del Du Boys: quello del positivismo e del laicismo liberare; la dimensione internazionale cui l’Autore dedica una parte importante narrando delle spedizioni missionarie; l’orizzonte pedagogico francese che l’Autore conosce e che fa emergere la polemica allora assai viva tra educazione familiare “preventiva” ed educazione disciplinare “repressiva”; e, infine, il “contesto dei bisogni differenziati” che Don Bosco tiene presente nella sua offerta formativa non solo nei confronti dei giovani, ma anche degli stessi educatori.

L’impegno di educare è la preziosa eredità che riceviamo da don Bosco, un santo e un educatore che non si finisce mai di conoscere e di studiare. Il compito che, al termine della tavola rotonda, Madre Yvonne Reungoat, Superiora generale delle FMA e Vice Gran Cancelliere della Facoltà, consegna ai presenti, in particolare agli studenti e alle studenti della Facoltà, è di rileggere la passione educativa di don Bosco, il suo umanesimo cristiano, alla luce dei nuovi paradigmi antropologici e pedagogici per cercare i significati profondi e a coglierne le potenzialità, in quanto: «In tempi diversi e contesti culturali diversi, ancora oggi ci vengono indicazioni sicure da un sistema educativo che continua ad essere attuale».

Una rilettura che deve diventare processo culturale, perché Don Bosco con la sua proposta educativa ha abbracciato la società del suo tempo e l’ha trasformata: «ma questo - ha precisato Madre Yvonne - non è solo intraprendenza, audacia e creatività nell’agire. Don Bosco ha avuto bisogno, e oggi ha bisogno, della collaborazione dei suoi figli per amare i giovani, di qualcuno che li accompagni ad essere felici nel tempo e nell’eternità, fino alla meta più alta della santità».
L’auspicio della Vice Gran Cancelliere è che Don Bosco possa rivivere nella comunità accademica, in ciascuno dei suoi membri: «Questo sarà il frutto più bello per il Bicentenario della sua nascita che stiamo celebrando».